Rivelli: Agricoltura risorsa strategica per il Mezzogiorno

(di Paolo Rivelli*) – L’agricoltura e i suoi derivati, hanno un posto importante nella nostra cultura e giocano un ruolo chiave per il futuro. Soprattutto al Sud d’Italia questo settore è intrinsecamente connesso con le bellezze naturali e i beni culturali. Un patrimonio immenso purtroppo largamente sottostimato e utilizzato, che consentirebbe di risolvere l’antico dibattito sul Mezzogiorno. Basti pensare ai numeri del turismo, che da un utilizzo intelligente, coordinato e pianificato, di questi elementi potrebbe triplicare i suoi numeri in poco tempo. Le ricadute sull’indotto e sulle filiere locali, in termini di occupazione, sarebbero sorprendenti. Eppure tutto è lasciato al caso e all’incuria, alla mancanza di coordinamento, in altre parole all’esatto contrario di ciò che servirebbe. Basti pensare che non è necessario inventare nulla, servono solo dei “professionisti” che stendano un piano da applicare, con il coinvolgimento delle autorità locali. Quello che si può osservare oggi è che questo metodo viene applicato a macchia di leopardo. Abbiamo delle zone di incredibile eccellenza, purtroppo ristrette, dove tutto sembra funzionare: dai servizi alle infrastrutture e al decoro, ma basta fare a volte pochi metri e improvvisamente si piomba nel pressapochismo, nell’abbandono, nella disorganizzazione e sporcizia.

Come realtà associativa culturale che guarda al Meridione ci siamo posti già dalla nascita questi interrogativi e ne è scaturito una sorta di programma culturale volto a valorizzare i territori che lo compongono.

Le eccellenze enogastronomiche per l’Italia dovrebbero essere incluse nei beni culturali per il loro potenziale, a cui sono strettamente connesse. La proverbiale ospitalità italiana, se messa a sistema, potrebbe essere un’arma devastante per il turismo.

L’agricoltura nel Mezzogiorno è ancora in ritardo e molto sottostimata, nonostante la grande opportunità che costituisce per la domanda mondiale di cibo di qualità e l’ottima reputazione che ha  “Made in Italy” nel mondo.

Per fortuna c’è un crescente interesse per questo settore e la terra tornerà ad essere uno dei beni più preziosi molto più presto di quanto non si possa immaginare oggi. Esistono tanti progetti innovativi anche sul “tracciamento” dei prodotti dal seme alla tavola, con l’ausilio della tecnologia, penso al blockchain, che possono garantire la genuinità e autenticità dei prodotti agricoli. Questo è sicuramente un elemento di forza che possiamo considerare èer lo sviluppo del settore, rispetto al passato. L’Italia è in pole position, ancora una volta, in quella che diventerà un nicchia di mercato, ma non bisogna farsi trarre in inganno dal termine, che potrebbe far pensare a numeri piccoli. Su scala mondiale non lo sono affatto e puntare su una agricoltura di eccellenza ci mette al riparo anche dalla concorrenza di paesi come la Cina, che, su numeri e pricing, potrebbe apparire senza rivali. A noi interessa la qualità e possiamo fare di ciò un punto di grande forza.

Per chi cerca il ‘saper vivere bene’ l’Italia è il benchmark, il riferimento. Un concetto che mette insieme irrinunciabili piccoli piaceri della quotidianità con qualità, eleganza, estetica e creatività, impregnati da una millenaria cultura e il culto del bello di cui siamo circondati sin dalla nascita. Un insieme di ingredienti che si ritrovano in quella espressione. Il tutto senza essere relegati a qualcosa che appartine solo al passato, ma di cui  anzi, se lo estendiamo al concetto di “Made in Italy”,  fanno parte anche innovazione tecnologica, funzionale e creatività.

L’eno gastronomia ne è l’essenza appunto, intesa nel suo senso più ampio ossia con turismo, ristorazione, siti di interesse culturale e paesaggistico. Tutto questo porta con sé conseguenze positive, far sviluppare questo motore, consente di recuperare e salvaguardare il territorio e le sue risorse, con tutto ciò che ne consegue anche in termini di risparmio energetico e e lotta al cambiamento climatico. Ecco perché dico che l’agricoltura e i suoi derivati sono di estrema attualità e sempre più strategici.

Oggi il Mezzogiorno ha veramente l’asso nella manica per compiere un passo importante verso un riequilibrio economico e sociale. D’altra parte la sua vocazione è sempre stata agricola più che industriale, bisogna solo volgere questa vocazione al positivo, considerarla un vantaggio. Ed oggi lo è.

E’ fuori di dubbio che c‘è da fare un grande lavoro, penso soprattutto ad un piano strategico che faccia capire prima di tutto alla politica e agli amministratori locali le enormi potenzialità mettendo a frutto e convogliando le risorse che ci sono. Un piano di modernizzazione dei processi, per l’abbattimento delle barriere burocratiche e che sia legato al recupero e alla fruizione dei tanti siti e monumenti abbandonati. Mettere tutto questo a sistema e creare i distretti culturali, comporta inevitabilmente lo sviluppo delle economie locali con la creazione di posti di lavoro. Inoltre consente la valorizzazione delle tante diverse realtà territoriali presenti.

Certamente, data la pluralità di soggetti coinvolti,  non è cosa semplice, la programmazione culturale  è strutturata su un sistema di regole per cui lo sviluppo locale si fonda sulle reali esigenze del territorio; dove i diversi soggetti territoriali assumono  un ruolo attivo nell’individuazione, nella selezione dei bisogni e nella trasformazione di questi in qualificati progetti d’intervento. Ma va ricordato che queste direttive da applicare sono elaborate dalla Commissione europea, dal Consiglio dell’Unione Europea, dal Parlamento e dai Governi regionali italiani per un più equilibrato sviluppo delle aree svantaggiate, quali il Mezzogiorno. L’obiettivo è, pertanto,  produrre occupazione e reddito in favore delle nuove generazioni operatori del settore,  favorendo la promozione turistica nel territorio. Ecco perchè ho letto con grande attenzione le dichiarazioni del presidente della Confederazione AEPI, Cosimo Dinoi (sia quelle presenti su “FoodEconomy”, sia in occasione dell’evento di presentazione del “Patto per l’Export“) e condivido le sue parole fino all’ultima.

Le competenze necessarie a gestire tale processo richiedono la capacità di analizzare, immaginare, interpretare, e poi successivamente comunicare, tenendo conto dei limiti culturali e le resistenze al cambiamento.

E’ essenziale il ritorno alla centralità dei territori. Le città, così come le aree storiche  abbandonate,  devono diventare  uno spazio  tutto da inventare su cui posizionare progetti che integrino le diverse componenti architettoniche e paesaggistiche del territorio stesso e della sua dimensione culturale.

Per il momento ognuno deve contribuire come può In questo contesto, la creatività acquisisce una funzione imprescindibile nello sviluppo di nuove iniziative volte allo scopo.

In virtù di questi principi che hanno il fine di promuovere la conoscenza e la diffusione della cultura e delle tradizioni del Meridione, il Real Circolo Francesco II di Borbone ha avviato un progetto di “certificazione” che punta ad individuare soggetti che rispondano a requisiti di tradizione e cultura dell’Italia Meridionale (ex Regno delle Due Sicilie) nell’erogazione di servizi, nei sistemi di produzione, nell’ubicazione e nella tipologia storica delle strutture, nell’utilizzo e coinvolgimento diretto o indiretto dell’artigianato e dei prodotti tipici locali. Quando ricorrano tali criteri, provvediamo a segnalare le aziende alla Real Casa delle Due Sicilie che provvede a iscrivere l’azienda stessa tra i “Fornitori Ufficiali delle Real Casa delle Due Sicilie” e ad emettere un brevetto. Ovviamente si tratta un brevetto che ha un alto valore simbolico. Tuttavia secondo noi si tratta anche di una operazione di immagine per valorizzare le aziende che si dedicano, che posso fregiarsi sui prodotti e nella comunicazione dello stemma Reale.

Questa iniziativa ci consentirà di creare quindi dei veri e propri itinerari identitari delle tradizioni, che possano fornire agli utenti interessati a conoscere la cultura del Meridione d’Italia una mappa delle aziende che rispettano e contribuiscono al recupero e alla diffusione di processi produttivi, che coinvolgono prodotti tipici e artigianato locale.

Ci auspichiamo che questo piccolo contributo possa essere uno stimolo a fare molto di più a tutti i livelli, ma soprattutto che il mondo imprenditoriale a guardare con fiducia a questo settore e alle prospettive che ha. Noi mettiamo a disposizione la nostra voglia di fare e un network,  in uno scenario globale sempre più competitivo, questo è sicuramente un fattore strategico.

 

Paolo Rivelli (nella foto in primo piano)

  • economista e Presidente “Real Circolo Francesco II di Borbone”