Green claims: un tema caldo nel mercato del packaging dei prodotti alimentari

Nella foto l'avvocato Nicola Lucifero

(di Nicola Lucifero)* – I green claims”, ovvero i messaggi promozionali diretti ad enfatizzare e a suggerire le caratteristiche di sostenibilità e minore impatto ambientale del prodotto reclamizzato, si sono notevolmente diffusi negli ultimi anni, specialmente nel mercato del packaging dei prodotti agroalimentari.

Claims ambientali come “biodegradabile”, “100% riciclabile”, “eco friendly”, “a ridotto impatto ambientale sono diventanti un fondamentale strumento pubblicitario per le aziende del settore agroalimentare (e non solo) in grado di comunicare ai consumatori le scelte aziendali di business sostenibili relative al packaging del prodotto e di condizionare fortemente le scelte di acquisto dei consumatori sempre più attenti e sensibili verso le problematiche ambientali.

Difatti, ad oggi, a livello dell’Unione europea si contano più di 200 green claims e più di 450 a livello mondiale, come rilevato dalla Commissione europea nell’ambito della propria iniziativa finalizzata a contrastare le pratiche cosiddette di “greenwashing” (anche note come “greenwashing claims”), consistenti nell’utilizzo di claim ambientali in modo eccessivamente generico e quindi non attendibile, né verificabile poiché non supportati da riscontri scientifici o da un’adeguata metodologia di verifica (tra questi, ad esempio, “La migliore per l’ambiente”; “Verde”, “Amico della natura”).

La linea di confine tra i green claims, apposti sul packaging di un alimento da parte dell’operatore del settore alimentare su base volontaria, e gli stigmatizzati greenwashing claims è solo apparentemente labile. Infatti, nonostante attualmente non sussista una disciplina specifica europea o nazionale in tema di green claims, questi possono essere utilizzati sugli imballaggi dei prodotti alimentari a patto che (i) si uniformino al principio di lealtà e correttezza delle informazioni sugli alimenti ai consumatori sancito dall’art. 7 del Regolamento (UE) n. 1169/2011, (ii)  non inducano in inganno il consumatore e non siano ambigue, (iii) non occupino lo spazio riservato alle informazioni del prodotto commercializzato che devono essere obbligatoriamente fornite al consumatore (es. denominazione dell’alimento, elneco degli ingredienti, quantità, ecc.), ed infine (iv) siano basate su standard e dati concreti pertinenti.

Con riferimento a quest’ultimo requisito, la mancanza di una comprovata metodologia di verifica dell’effettivo impatto ambientale degli imballaggi che si fregiano di claims ambientali è stata in più occasioni sanzionata dall’Autorità Garante del Commercio e del Mercato (AGCM) che ha assunto un approccio fortemente repressivo nei confronti delle pratiche greenwashing.

Dall’analisi delle principali pronunce dell’AGCM in materia di greenwashing (PS/7235 – Ferrarelle “Impatto zero”; PI/4927 – Sacchetti Coop “degradabili al 100%”, PS/6302 – Sant’Anna “BIO Bottle”) è emerso che I’utilizzo di green claims generici in mancanza di idonee evidenze scientifiche e documentali a supporto, determina un effetto confusorio nel consumatore circa le caratteristiche essenziali, la portata ecologica, le modalità di recupero/impiego degli imballaggi e che l’uso di claims ambientali può ritenersi corretto soltanto se in grado di veicolare informazioni adeguatamente documentate, scientificamente “verificabili” e circoscritte a specifici aspetti e caratteristiche verificabili in chiave comparativa rispetto a prodotti omogenei. Il mancato rispetto di tali condizioni legittima l’AGCM all’irrogazioni di sanzioni pecuniarie fino a 5.000.000,00 euro.

Il rispetto degli oneri di veridicità e non-ingannevolezza in relazione ai green claims è una priorità che è stata ribadita, a livello europeo, anche all’interno del Green New Deal che richiede l’utilizzo di claims ambientali affidabili, comparabili e verificabili in tutta l’Ue.

A livello nazionale, il generale divieto di ingannevolezza e decettività dei green claims si rinviene nelle disposizioni dettate in materia di comunicazioni commerciali dal Codice del Consumo (D. Lgs. n. 206/2005), dal D. Lgs. n. 145/2007 recante la disciplina della pubblicità ingannevole, nonché dal Codice civile, in forza dei quali la pubblicità deve essere altresì palese, veritiera e corretta. Inoltre, l’art. 12 del Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale chiarisce che i claims che dichiarano o evocano benefici di carattere ambientale o ecologico devono consentire al consumatore di comprendere chiaramente a quale aspetto del prodotto o dell’attività pubblicizzata si riferiscono i benefici vantati.

In conclusione, l’utilizzo di green claims sul packaging dei prodotti alimentari rappresenta sicuramente una informazione di grande interesse per gli operatori del settore alimentare ma richiede una particolare attenzione per il rispetto dei principi di non ingannevolezza; per questo tali messaggi non sono privi di oneri e responsabilità in ordine al contenuto veicolato mediante tali diciture green autodichiarate.  Anche in questo caso il rispetto dei vincoli legali da parte dell’azienda risultano essere fondamentali per non incorrere in sanzioni.

  • partner di LCA Studio Legale e Responsabile del dipartimento Food Law (nella foto in primo piano)