Linhart (Ceo Atlante): Puntare con forza alla internazionalizzazione, ma con un logica di sistema

Una immagine di Natasha Linhart - Ceo di Atlante

Aiutare le aziende italiane ad entrare sui mercati esteri*, e, in un’ottica di reciprocità, quelle straniere a farsi conoscere su quello tricolore. 

E’ la mission di Atlante, con sede a Casalecchio di Reno (Bo). Presenta un valore della produzione superiore ai 150 milioni di euro, di cui il 55% realizzato a livello “domestico” e il 45% realizzato all’estero. Fondata nel 2002, si avvale, attualmente, di un team internazionale di 70 dipendenti, di cui 10 tecnologi alimentari.

Atlante  opera nel settore della grande distribuzione alimentare come partner strategico a cui si affidano le principali catene italiane per la selezione, importazione e distribuzione di prodotti alimentari da tutto il mondo. E’ attiva anche nell’export delle migliori specialità del made in Italy all’estero, in particolare nel Regno Unito, per la catena Sainsbury’s, in Svizzera per Migros e negli Stati Uniti per Kroger. 

Per comprendere al meglio le strategie della realtà bolognese abbiamo intervistato Natasha Linhart (nella foto in primo piano), Ceo e fondatrice di Atlante. La manager detiene il 53,33% delle quote del capitale azionario, seguita dalla famiglia Nanni con il 26,67% e da Migros, una delle principali catene della grande distribuzione in Svizzera, con il 20%.

Un’immagine di Natasha Linhart Ceo di Atlante

D: Come è nata l’idea di aiutare all’estero le aziende italiane della filiera agro-alimentare?

R: Nel 1996 dall’esperienza maturata (precedentemente) a livello internazionale. Conoscendo le esigenze dei buyer di questo settore avevo notato le difficoltà nel reperire valutazioni su diverse aziende per il nostro mercato. Più in generale, in tutti questi anni, abbiamo aiutato importanti marchi tricolori a farsi conoscere all’estero e lo stesso abbiamo fatto per realtà internazionali che intendevano sbarcare nel nostro paese.

In Gran Bretagna, ad esempio, erano abituate a lavorare con i broker. C’era bisogno di maggiore “trasparenza” e “informazioni” sul business. Da lì l’idea di puntare ad una crescita culturale, a tutto tondo, per i nostri clienti e partner. Le operazioni che attiviamo sono “win-win” per tutti i soggetti coinvolti. E’ da sempre la nostra filosofia di azione.

Spesso ci troviamo di fronte a realtà aziendali che producono vere e proprie eccellenze, ma non hanno competenze commerciali soprattutto all’estero. Atlante le affianca e le supporta nella loro crescita complessiva, con particolare attenzione ai mercati internazionali. Più in generale, il nome “Atlante” è stato scelto perché quella di Atlante è la storia di un viaggio nella gastronomia e nell’industria del food.

D: Quali sono i principali elementi di criticità per le aziende italiane?

R: L’Italia presenta delle grandi eccellenze (in tutti i comparti della filiera agro-alimentare) sotto il profilo qualitativo, ma non sempre in ambito commerciale. Pochi sanno, ad esempio, che la Germania, sempre nello stesso settore (l’agro-alimentare) riesce ad esportare il doppio rispetto a noi. Talvolta bisognerebbe anche analizzare gli elementi di debolezza presenti nell’offerta italiana.

Se penso allo champagne francese, la loro forza non è solo nella qualità del prodotto, ma anche e soprattutto sotto il profilo marketing. I produttori francesi lavorano tutti insieme per vendere di più all’estero. Da noi, invece, c’è ancora troppo individualismo. Un discorso a parte poi è il tema della “competitività” al Sud, in termini di costo finale del prodotto e di etica abbinata ai contratti di lavoro (nella filiera agro-alimentare).

D: Si parla spesso di “made in Italy”. Non sta diventando forse un leit motiv fin troppo sfruttato?

R: Assolutamente. Parlare di made in Italy è sinonimo di qualità, ma, in tempi di competitività estrema, non è più sufficiente per competere ad alti livelli. 

Un esempio ci può aiutare: l’80% della pasta prodotta negli Stati Uniti non è legata a marchi italiani. Questo dato ci dovrebbe far riflettere per capire come e dove competere (in modo vincente, nda). Molti americani, ai tempi nostr,i non sanno neppure la provenienza culturale del prodotto “pasta”. E questo è un limite molto forte, oltre che una mancata opportunità per i nostri produttori.

D: Ma allora come si può competere in un mercato così globale?

R: Ripartendo dal nostro profilo culturale e storico, ma iniziando a fare sistema e non più muovendosi come tanti soggetti scollegati tra loro. Non paga più e non basta presentarsi come rappresentanti del “made in Italy” per sfondare sui mercati internazionali. La mia percezione è che non si stia facendo troppo per rafforzarci all’estero. Dovremmo cavalcare di più i nostri punti di forza. 

Anche quando si parla di ristorazione in generale i marchi più famosi sono di catene straniere, di italiano c’è ben poco. Ciò significa che stiamo perdendo attrattività e quote di mercato. 

Sempre su questo tema lo scorso 12 giugno come “Atlante Academy” abbiamo tenuto il webinar “Promuoviamo le buone pratiche nella filiera del pomodoro“. Il webinar è stato pensato come momento formativo per i produttori agricoli che parteciperanno alla fornitura 2020 del pomodoro utilizzato per la produzione delle conserve di Atlante, ed è disponibile attualmente sul canale YouTube di Atlante.

D: Quali altre criticità vede all’orizzonte?

R: Le faccio un altro esempio: parliamo di coltivazione, produzione e vendita dei pomodori. Ci sta superando, da diverso tempo, la Spagna. Gli iberici vendono a 70 euro a tonnellata grazie ad alleanze sinergiche con i coltivatori. In Italia si assiste ad un doppio modello: al Nord, grazie all’accordo con le cooperative, si è arrivati ad un pricing di 85 euro, al Sud, dove molti accordi/rapporti con i produttori sono “tormentati”, si è arrivati anche a pagare 130 euro a tonnellata. Per non parlare poi della reputation negativa, a livello internazionale, che abbiamo per la piaga del “caporalato”. Una problematica da debellare che ci sta facendo perdere competitività sui mercati. 

D: Cosa le fa pensare il termine “eccellenza”?

R: Il rispetto delle regole. Ad esempio tra i diversi soggetti che compongono la Grande Distribuzione. In sintesi, l’eticità di come ci si comporta sul mercato. Questo aspetto nei prossimi anni farà la reale differenza. 

D: Cosa vi ha insegnato, come azienda, l’emergenza sanitaria da Covid-19?

R: Sicuramente a lavorare in modo diverso, a dialogare maggiormente con i nostri clienti (consigliandoli anche nella rimodulazione dei formati dei prodotti, perché in recessione c’è una maggiore attenzione al tema dello spreco, nda) e, sotto il profilo della salute, a mangiare in modo sempre più sano. Oltre a ciò abbiamo operato un’accurata selezione dei nostri distributori, sui diversi mercati, per evitare potenziali speculazioni ai danni dei clienti in portfolio. In generale, il nostro business core è la Private Label, che compone il 70% del fatturato, ma lavoriamo anche con Fancy brand (18%) e marchi internazionali (12%).

Focus internazionalizzazione:

  • Partner strategico della catena di distribuzione inglese Sainsbury’s, operando come un vero e proprio ufficio acquisti e controllo qualità sul territorio per i prodotti alimentari italiani destinati al mercato britannico.
  • Accordo di collaborazione con il colosso svizzero Migros per un’alleanza strategica per la commercializzazione di prodotti svizzeri nel mercato italiano e l’esportazione di prodotti italiani nel territorio elvetico.
  • India: dove esporta frutta italiana (mele del Trentino Alto Adige e del Piemonte)per FutureGroup, tra i principali operatori della GDO indiana e che raggiunge un mercato dal grande potenziale e dal fabbisogno in costante crescita. Atlante si occupa di ogni fase del processo: dalla ricerca del produttore in Italia, alla selezione, all’aspetto logistico (caricamento nei container, spedizione e distribuzione al cliente in 4 settimane) fino alla visita del cliente indiano delle aziende produttrici in Italia.
  • Il Giappone, dove Atlante esporta per Costco:
    • Lambrusco, prodotto ad hoc per i consumatori giapponesi, con un gusto più dolce.
    • Pasta di legumi: in collaborazione con un’azienda pugliese dotata dei macchinari adatti a realizzare il prodotto senza additivi. I consumatori giapponesi si dimostrano aperti al “bio”, all’alimentazione più salutare (vegana/vegetariana) ma anche alle novità, il Giappone infatti è un paese molto ricettivo per tutto ciò che è innovazione.

L’azienda di Casalecchio di Reno ha registrato, negli anni, una crescita costante a doppia cifra, passando nell’arco degli ultimi 10 anni, da 23,6 milioni di fatturato del 2008 ai 150 milioni di euro del 2019, di cui il 55% realizzato in Italia e il 45% all’estero. A testimonianza dell’andamento estremamente positivo del fatturato, dal 2008 al 2018, Atlante ha visto crescere il proprio CAGR del 540%. Inoltre è un’azienda dalla riconosciuta affidabilità commerciale e finanziaria, certificata, anno dopo anno, dalle principali società di credit rating ed insignita del certificato CRIBIS attestante la massima affidabilità commerciale.