Istat 2020: crescono i numeri di pasta e vino “made in Italy”

Pubblicati i dati Istat relativi al primo trimestre 2020, secondo i quali anche in piena pandemia di Covid-19 l’export di pasta e vino italiani ha fatto registrare un notevole incremento.

La Pasta in particolare, ha messo a segno un +21% confermando il trend del 2019. Oltre la metà di quella prodotta in Italia va oltre confine, in quasi 200 Paesi, ma soprattutto in Germania (il mercato estero più importante per il settore, con numeri triplicati in 25 anni), Francia, Inghilterra, Stati Uniti e Giappone. In pratica un piatto di pasta su quattro mangiato nel mondo viene prodotto da un pastificio italiano e nel 2019, per la prima volta, si è raggiunto il record storico dell’export: 2 miliardi di chili.

A spingere in questa direzione, secondo Coldiretti, sono le importanti proprietà nutrizionistiche della dieta mediterranea, di cui la pasta è il piatto principale, e la capacità di innovazione delle nostre aziende, in grado di proporre un prodotto sempre in linea con i trend mondiali del consumo alimentare.

Il maggior produttore italiano del settore è Barilla, leader mondiale del mercato con 1,8 milioni di tonnellate esportate in più di 100 Paesi. La pasta Barilla è largamente la più consumata negli Stati Uniti con quasi 124 milioni di consumatori nel 2019.

Anche l’export del vino italiano ha fatto registrare un incremento, a conferma dei trend degli anni precedenti (+3,1% nel 2019 e +7,1% nel 2018): +5,1% sui mercati extra UE, che valgono il 50% del totale delle esportazioni vinicole del nostro Paese. Nonostante il lockdown, quindi con ristoranti chiusi nella maggior parte del mondo, il vino italiano ha registrato performance positive, in particolare nel Nord America con un import negli Stati Uniti – scampato il pericolo dazi di Trump – in crescita del 16,8%, puntellato dal +7,1% del Canada, secondo i dati dell’Osservatorio Vinitaly Nomisma. Numeri, questi, che hanno consentito di fronteggiare il calo verso la Cina del 13,3% (dati a valore 1° trimestre 2020 vs 1° trimestre 2019 sempre dell’Osservatorio Vinitaly Nomisma).

Il tutto appare ancora più positivo se confrontato con i risultati del vino francese, che fanno segnare un -10%  di export nei primi mesi dell’anno sui mercati stranieri. Fra i motivi del successo dei nostri vini nel mondo ci sono una maggior presenza delle nostre etichette rispetto a quelle francesi nella GDO, un miglior rapporto qualità/prezzo e il timore di nuovi dazi, che evidentemente ha spinto i consumatori americani a fare incetta di bottiglie. Inoltre, come aveva indicato Raffaele Borriello, direttore generale Ismea (Istituto di servizi per il mercato agricolo e alimentare), il vino italiano negli ultimi anni ha consolidato un importante percorso di internazionalizzazione tramite la concentrazione e la riorganizzazione dell’offerta verso prodotti di maggiore qualità e gradimento nei mercati esteri: “Gli effetti di tale evoluzione verso la qualità e l’efficacia delle politiche commerciali sono testimoniati dal costante aumento del fatturato dovuto all’export, quasi raddoppiato negli ultimi dieci anni”.

Nel 1° trimestre del 2020 sono aumentate anche le esportazioni vinicole italiane verso il Giappone (+2,1%) e verso la Corea del Sud (+1,1%).

Per quanto riguarda i prodotti, secondo i dati forniti da inumeridelvino.it lo spumante non è più il traino dell’export del nostro comparto vinicolo. Comunque, nel mese di marzo, in piena pandemia, le nostre bollicine hanno messo a segno un +10% a valore e un +2,8% nel 1° trimestre. In particolare, continua la sua crescita il Prosecco (+6% nel primo trimestre) e si riprende l’Asti (+11,8%), mentre calano gli altri spumanti Dop (-30%).